L’altra Venezia. L’Italia di Terramatta.

Alla Mostra del Cinema di Venezia è la volta di Terramatta di Costanza Quatrifoglio. Sempre più questo festival riscopre l’arte del documentario, che con la sua poesia e la sua forza d’interpretazione della realtà diventa un genere che andrebbe riportato in forza nelle sale cinematografiche. Realtà e poesia di cui ha bisogno l’italia del dopo Berlusconi.

Terramatta – Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito, analfabeta siciliano di Costanza Quatrifoglio

E’ questa Terramatta il docu-film più incredibile che abbia visto qui alla mostra. Non tanto per quello che racconta, ma piuttosto per chi terramatta_1_.jpg lo racconta, un anonimo siciliano, tale Vincenzo Rabito, che riscoperta la scrittura, ha iniziato a scrivere. Duemila pagine, a tanto ammonta il
suo diario depositato presso l’Archivio diaristico di santo Stefano Pieve vicino ad Arezzo in Toscana dove sono depositati quasi diecimila diari, scritti da gente anonima, che con la carta stampata non ha mai avuto alcun rapporto.

Di Terramatta se n’è accorta pure la casa editrice Einaudi che ha ritenuto questo lavoro degno di essere pubblicato: per la nostra curiosità, per premiare la fatica di Rabito.

A ripercorrere la sua vita, nelle linee più essenziali, è stata Costanza Quatrifoglio a cui dobbiamo questo documentario dove tutto a cominciare da la voce fuori campo, del meraviglioso e sicilianissimo di Roberto Nobile, scorre come acqua di fiume.

terra-matta.jpg La prima guerra mondiale, le impressioni di Rabito sono tutte calibrate dal ricordo che forse stempera un po’ la crudeltà di certi episodi. Giovane soldato, aveva solo diciotto anni, si vede costretto a sparare e, forse, anche ad uccidere altri soldati austriaci, vicino a Gorizia, zona di confine con l’Austria. Poi veloce la sua vita si snoda tra gli anni del fascismo e la conseguente guerra che, anche in questo caso,lo vede arruolato nell’esercito, destinazione l’Africa.

Sono pagine stupende quelle lette da Roberto Nobile, che ci fanno entrare in quella parte di secolo che sembra av ere ancora tanti segreti mai rivelati. Quella usata da Rabito è una lingua che è uno straordinario connubio tra la parlata siciliana e la lingua italiana: molto prima di Camilleri, sicuramente meglio di lui. Nelle immagini compaiono pure i figli di Rabito, nati subito dopo la guerra che ci accompagnano nei luoghi della vita del loro padre. Speriamo di poterlo rivedere.

Dalla Mostra del Cinema di Venezia – Massimo Rosin

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