“La nave dolce”….. Daniele Vicari racconta.

Breve intervista a Daniele Vicari in partenza per Venezia per parlare del film che presenterà in concorso: “La nave dolce” , atteso al Lido come una delle possibili sorprese del festival. Un ritorno al tema immigrazione attraverso i ricordo di quegli albanesi che per primi nel ’91 sfidarono il mare cercando ”Lamerica”.

Lo abbiamo raggiunto al telefono, prima di che approdi con il nuovo film al Lido di Venezia: “La nave dolce”, che sarà presentato fuori concorso fra gli Eventi speciali. Daniele Vicari, più volte presente (anche in Concorso) alla Mostra di Venezia, L’avevamo incontrato, ospite qualche mese fa del Cineclub “De Sica” di Rionero – per iniziativa Diaz_-_il_regista_Daniele_Vicari.jpg dell’assessorato alle Politiche sociali della Provincia di Potenza – con il suo tanto apprezzato e discusso film “Diaz”, su quella tragica notte del G8 di Genova.

“E proprio come “Diaz” – conferma il regista – “La nave dolce” è un film che mi si è imposto, mi ha costretto a superare lo schema narrativo in tre atti, prendendo a prestito strutture più ampie dalla tragedia e dalla narrativa classica”.

CL: Insomma, è il dramma sociale a fare da filo conduttore di due vicende lontane nel tempo, ma che comunque custodiscono germi di discriminazione e di sopraffazione. Narrate in maniera molto netta, confermando quella certa vocazione dell’autore al documentario.

DV: I due film sono una sfida radicale ai miei limiti di narratore, devo ammetterlo. Infatti sono due “mostri” che mi hanno fatto soffrire e gioire come non mi era mai accaduto prima.

CL: Ma perché il titolo “La nave dolce”?

DV: Perché l’esperienza drammatica di quel viaggio configge con l’amore e l’ammirazione verso l’Italia che avevano gli Albanesi. E poi, la nave trasportava zucchero.

174856125-fdf6c218-c6d4-4f0f-b236-9df59a286015.jpg CL: Proprio questa notizia chissà a quanti sarà sfuggita all’epoca dei fatti, oltre venti anni fa. “La nave dolce” rappresenta un po’ un affresco che parte dal lontano agosto del 1991, quando la nave Vlora, stracolma di ventimila Albanesi, approda nel porto di Bari. Molte scene di quei telegiornali, con decine di ragazzi che raggiungevano a nuoto il porto, fecero il giro del mondo, e si creò un movimento solidale non solo in Puglia, tanto da voler candidare la Regione a premio Nobel per la Pace. Ma veniamo alle difficoltà e agli intenti del film.

DV: La lavorazione è durata circa tre anni; l’impegno maggiore è stato quello di trovare testimoni della vicenda, individuare quindi narratori capaci di raccontare con una eticità inusuale: raccontare e raccontarsi lasciando riemergere situazioni tragiche e talvolta anche comiche.

CL: E’ qui il nocciolo del film di Vicari, una rilettura ed una analisi sul “dopo”. Quella vicenda portò un altro regista italiano a misurarsi con senso critico e fortemente umano: Gianni Amelio che pure a Venezia, nel 1994, portò “Lamerica”, imperniato su quell’esodo di massa senza precedenti, dall’altra parte dell’Adriatico. Interpreti Michele Placido ed Enrico Lo Verso. Dunque, al Lido si aspetta il film di Vicari, che alcuni critici lo inseriscono fra quelli che potranno essere la “sorpresa” di questo Festival.

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DV: “E’ una bella responsabilità” – così chiude Vicari.

Un’ultima nota va conferita alla Apulia Film Commission, diretta dalla critica Antonella Gaeta. Anche quest’anno la Puglia del cinema sarà presente alla 69^ Mostra con ben quattro produzioni. Tre sono le opere cinematografiche girate nella regione con il sostegno operativo e il contributo economico dell’Apulia Film Commission: “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì (in concorso), “La nave dolce” di Daniele Vicari, appunto, prodotto con la Indigo Film, e il cortometraggio “La sala” di Alessio Giannone, prodotto con il Comune di Bari. Infine, il film “Carmela, salvata dai filibustieri” di Giovanni Maderna, girato anche a Taranto con l’assistenza di AFC, inserito a Venezia nelle Giornate degli Autori.

Chiara Lostaglio

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