La bolla di Berlusconi.

La “grande idea” di Berlusconi è trovare un modo per rientrare in politica magari come Presidente della Repubblica con un’elezione con sistema alla francese. Insomma Italia come la Francia, anche se le storie sono diversissime e i tempi tecnici infiniti per una tale riforma. La vera idea è di non cambiare niente e di mantenere il “porcellum” fino alle prossime elezioni. La più grande idea….

Dopo la debacle del PDL alle ultime amministrative e la quasi scomparsa del partito, preceduta dalla uscita di scena del cavaliere, viene finalmente presentata “l’arma segreta”, la cosiddetta: “Più grande novità politica italiana dal dopoguerra” da Berlusconi e dal suo fido scudiero Angelino Alfano.

In breve la “novità” proposta dal PDL concerne il sistema istituzionale ed elettorale. Si tratta del doppio turno con semipresidenzialismo come in Francia. Una proposta, in parte, già più volte (vanamente) avanzata dal PD.

E’ bene premettere che tale sistema è operante in Francia dai tempi di De Gaul, che concepì tale sistema, dando vita alla quinta repubblica, per garantire una stabilità politica che fino ad allora era stata assolutamente precaria. Fu una proposta molto controversa. Mitterand parlò di colpo di stato permanente, salvo poi farla propria e mantenerla nel periodo in cui fu presidente.
Un sistema che prevede l’elezione e la legittimazione del Presidente direttamente dal popolo. Presidente che diviene garante e difensore del popolo stesso, che nomina il capo del governo, il quale poi opera (non fu così con Sarkozy) con una certa libertà, abbastanza sganciato dal presidente il quale interviene e può rimuovere il primo ministro in caso di palese conflitto di questo con la volontà popolare.

In qualche modo il presidente diviene un garante, un sensibilizzatore e un suggeritore del governo, inducendo le riforme, intervenendo a volte come pacificatore in momenti di contrasto sociale grave.

Si tratta quindi di una figura diversissima dal Presidente americano, che ha una leadership pressoché assoluta, con un governo sotto la sua direzione, composto da tutti membri non eletti nel parlamento i quali come il Presidente sono soggetti al potere di controllo proprio dell’assemblea elettiva.

Altra istituzione potentissima è la Suprema Corte, nominata a vita e operante nel corso della sua “esistenza”, imponendo un duro e naturalmente imparziale controllo sulle leggi e i provvedimenti governativi emanati. Una magistratura potentissima e che ha di fatto una grande autonomia.

Il semipresidenzialismo di Berlusconi potrebbe essere l’estremo tentativo di salvare il PDL dal definitivo affondamento e in estrema analisi l’ultimo treno per il cavaliere per diventare presidente della repubblica, peraltro con poteri molto maggiori di quelli cui attualmente gode Napolitano.

La realtà e che anche questo appare un ennesimo annuncio (ormai quasi dall’aldilà) di una forza politica incapace di qualsivoglia concretezza, che per lunghi anni, avendo avuto una maggioranza schiacciante per fare qualsivoglia riforma, non ha prodotto altro che leggi ad personam e nuove, odiose forme di privilegi a favore di lobby e caste compiacente, cercando, al contempo, solo di sopravvivere a se stesso.

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Siamo di fronte alla nuova bolla di speculazione politica e non finanziaria di Berlusconi. L’ennesima polpetta avvelenata, lanciata in un agone politico, in evidente sfaldamento specie a destra.
La proposta appare infatti, impraticabile. Per realizzarla andrebbe modificata sostanzialmente la nostra Costituzione, cosa non semplice. E’ stato già fatto notare, ad esempio, che nel sistema costituzionale italiano, il presidente è anche al vertice del Consiglio Superiore della Magistratura, organismo che non è soggetto al popolo, ma alla legge. Sarebbe quindi immediatamente equivoca la posizione di un Presidente del CSM che eletto dal popolo non si sentirebbe più soggetto alla legge ma agli umori dei suoi elettori.

Andrebbero modificate sostanzialmente le prerogative del Capo dello Stato, andrebbero pertanto, rivisti tutti i delicati equilibri istituzionali del sistema democratico italiano.

Andrebbe stravolta una delle migliori e più moderne Costituzioni del mondo (il parere è dato da giuristi di ogni angolo del pianeta).
Questa bolla berlusconiana contiene titoli spazzatura, parafrasando il linguaggio borsistico. L’intento è ancora di stupire tutti, di convincere gli elettori che la colpa della crisi non è di Monti (e personalmente ne sono persuaso), ma nemmeno dei diciotto anni di berlusconismo, ma della mancata riforma della Costituzione che avrebbe reso ingovernabile il Paese.

Un vero stravolgimento dei fatti.

La realtà è che la Costituzione e i suoi garanti: Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale, hanno consentito, con i loro puntuali interventi, la sopravvivenza della democrazia italiana, cosa, peraltro, ben riconosciuta dagli italiani che hanno visto e premiato con il loro gradimento l’operato imparziale di Giorgia Napolitano. La Corte Costituzionale, in particolare, ha impedito con le sue sentenza che la “cosa pubblica” diventasse “cosa privata” dell’ex premier Berlusconi.

Il piano B contenuto in questa bolla è quello d’impedire qualsivoglia riforma elettorale, lasciando il “porcellum” in vigore, con le sue iniquità ed ambiguità. Un sistema che costringe ad allearsi tra forze disomogenee, che impedisce agli elettori di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento, che premia in modo spropositato vincitori che non sono la maggioranza effettiva degli italiani.
Il loro è l’ultimo disperato tentativo di tenere in vita una stagione politica durata troppo a lungo e che finalmente è giunto al suo tramonto.

Avevamo più volte sostenuto che il PDL non era un partito, ma una società con un unico azionista di maggioranza il suo creatore e signore il cavaliere Silvio Berlusconi.
Uscito questi di scena, nell’ignominia più assoluta per le sue azioni politiche e la sua condotta etica, il PDL ha dimostrato tutta la sua fragilità, l’assenza totale di valori storici e ideologici di riferimento, un vuoto devastante d’ideali ed un’evidente incapacità nei suoi uomini e donne.

Svelata l’apparenza e l’inganno dopo diciotto anni, per loro è rimasto il nulla, un vuoto assoluto ed imbarazzante al cospetto delle macerie prodotte nella società.

Quali sono, forse sarebbe meglio dire erano, i riferimenti culturali del PDL? Si disse liberale, ma ancora i suoi ex sostenitori attendono un libero mercato regolato e rispettosa da un’etica della concorrenza che contrasti con politiche monopoliste. Forse i valori cristiani? Quali? Quelli di denunciare l’immigrato che chiede soccorso in ospedale se non in regola con le carte?

Oppure, più banalmente, il bunga, bunga? Forse un’aspirazione europeista? Non ce ne siamo accorti, l’allora nostro capo del governo era semplicemente ignorato e deriso da tutti i partner europei.
La realtà è che una riforma elettorale è necessaria, come una profonda revisione della spesa della politica, il paese ha bisogno di simboli forti che unifichino gli italiani e di cose concrete.

Tuttavia, credo che s’imponga con coraggio anche un discorso di distinguo per non scadere in un qualunquismo che non può che fare solo del male a tutti.
Ancora ieri ascoltavo commentatori politici autorevoli, pronti confondere la bolla Berlusconi con tutti partiti politici, mettendo tutti insieme con eguali responsabilità.

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La riforma elettorale si potrebbe fare in due settimane, se non ci fossero aspirazioni speculative o pensieri terzi che allontanerebbero ulteriormente la soglia di fiducia degli italiani nel loro sistema di partiti.
Basterebbe fare il doppio turno alla francese con la scelta del capo del governo lasciando al Presidente della Repubblica le sue attuali prerogative costituzionali.

E’ la proposta che coerentemente da anni avanza il Partito Democratico, a cui va riconosciuto pur con i suoi limiti e le sue difficoltà un barlume di coerenza politica frutto di un percorso complesso e difficile, su cui si sono spese fin troppo facili ironie. Un percorso che in qualche modo, e forse non con piena coscienza, era stato preconizzato già da Enrico Berlinguer, segretario del PCI. Il PD trae le sue origini in componenti del PCI e della DC, poi divenute PDS e Popolari, poi DS e Margherita, poi i Progressisti e l’Ulivo ed infine il PD, un percorso lungo, difficile e contraddittorio e dove ancora diverse contraddizioni non sono risolte, ma il suo percorso a comunque lasciato traccia nel paese, lo si è capito in queste ultime elezioni, dove chi non aveva storia è finito come è finito.

Orbene, se alcuna riforma del sistema elettorale vi sarà, è evidente che gli italiani in massa (giustamente) non voteranno. Tutto questo è inammissibile, e di fronte a ciò continua ad insorgere il Capo dello Stato e finanche Monti, già esasperato dall’attuale sistema di partiti che pone ostacoli ad ogni mossa del nostro premier, dimenticando che il crollo di tutto è ancora dietro l’angolo.

La bolla di Berlusca deve esplodere subito. La più grande novità politica dal dopoguerra è soltanto un’ulteriore, ignobile, bufala, che può solo frammentare ancora di più il già traballante quadro politico e sociale, frazionando le reali difficoltà degli italiani, in mille particolarismi, comunali, cittadini, ma direi rionali, con una miriade di soggetti politici che privi di una sintesi politica e di una effettiva storia, finiranno per essere un problema e non una soluzione.

I sondaggi lo dicono chiaro gli italiani non sono stanchi della politica, forse anche grazie ai pungoli dei grillini, si può dire che è dagli anni settanta che gli italiani non si occupano tanto di politica come ora. Non sono nemmeno stanchi dei partiti tradizionali (quelli veri il PDL non c’entra), tanto che in maggioranza nei sondaggi, non vogliono nuovi partiti, chiedono cambi di persone, di leadership o governante come si dice oggi, chiedono giovani, persone motivate e che vivono nella realtà delle cose, chiedono un ricambio inevitabile per una classe politica (e non solo) che è la più vecchia d’Europa.

E soprattutto chiedono ai partiti di tornare tra le persone, per ascoltare la vita, quella dei giovani, senza futuro, quelle delle donne che sono arretrate nei loro diritti di anni, quella degli anziani, che vivono in una società resa sempre più disumana. Gli italiani fanno in questa fase sacrifici, ma in nome di qualcosa, qualcosa di vero.

Nicola Guarino


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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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