Così fan tutte, di Wolfgang Amadeus Mozart. Al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi.

Questa non è una « critica » – non sono musicologo – ma una sorta di ringraziamento, o meglio, una restituzione, in parole : perché ho avuto il privilegio grande di poter assistere alla ripetizione generale di Così fan tutte, al Théâtre des Champs-Elysées, e quello ancora più grande, grazie alla complice gentilezza di una ouvreuse, di sedere in prima fila per tutta la seconda parte dell’Opera, alcuni posti essendo rimasti inoccupati – e dentro quella musica sono stato felice, e ancora lo sono un poco, adesso che ci ripenso.

I primi posti non sono i migliori, tagliano fuori l’orchestra : ma si poteva vedere – inondati dalla musica – Jérémie Rhorer, che sembra un ragazzino, magnificamente, soavemente dirigere, cantando dietro le arie

Jérémie Rhorer© Yannick Coupannec 2012

– e soprattutto – sempre inondati – si potevano vedere i cantanti, anch’essi uno più bravo dell’altro, nel loro essere disinvoltamente attori, fin nell’espressione, gli occhi, la bocca. Tutti giovani, giovanissimi, quasi impertinenti, e bravi, tutti, come bravi gli autori della regia, Eric Génovèse e Valérie Nègre, che hanno saputo inquadrare e liberare il talento dei protagonisti in scena. Io, «non-critico», sono curioso di leggere cosa dirà la critica : e confesso una mia preferenza per Dorabella (Michèle Losier) e Despina (Claire Debono) – non perché mi siano oggettivamente sembrate «più brave», ma perché mi sono, ma si’, diciamolo, personalmente innamorato della loro voce, della loro presenza sulla scena, e da ora in poi ne spierò goloso la carriera. (E siccome, oggettivamente, sono bravissimi anche gli altri, ci tengo almeno a nominarli: Bernard Richter e Markus Werba, rispettivamente Ferrando e Guglielmo, Pietro Spagnoli – per altro l’unico che già conoscevo – Don Alfonso, e l’ottima, nonché affiatatissima con la sorella, Fiordiligi – Camilla Tilling).

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Chi ama l’opera, e l’ha vista, a teatro e ancor di più nei video d’epoca, ricorderà straordinari soprani e tenori, imponenti, e più o meno impalati sulla scena: almeno prima della Callas seconda maniera, l’idea di recitare cantando non apparteneva alla tradizione, o vi apparteneva poco, staticamente. Ora è tutto diverso: i cantanti sono attori in senso pieno, agilissimi, capaci di lanciarsi in gorgheggi complicati nel bel mezzo di un’acrobatica capriola… Ma ecco : vederli cosi’ da vicino, quasi sentirne insieme al canto il respiro, l’emozione, i muscoli contratti del volto, è una esperienza impareggiabile.

E poi ? e poi Così fan tutte. Non sono mai riuscito a capire bene cosa significhi «credere in Dio», ma «credo» che Mozart (con Schubert) sia prova… della Sua esistenza ; e di Mozart, delle sue Opere, cinque sono per me quelle che stanno al di sopra di tutte le altre (non le nomino, ma qualunque amante di musica saprà di cosa sto parlando), ognuna a modo suo — una è la mia preferita, nel senso che sta sempre con me, come l’Iliade o le novelle di Cechov (di nuovo, non dirò quale, ma spero l’anno prossimo di poterla vedere in questo stesso teatro), un’altra è quella che mi delizia sorridendo, da eterno giovane adulto, un’altra ancora è sempre delizia, ma dell’infanzia, è l’incanto, e poi c’è quella che è amore… Cosi’ fan tutte mi appare, mi suona come una pioggia di cristalli di paradiso, un soffio di leggiadria che commuove, una bellezza tersa, da passare attraverso, a momenti è talmente divinamente bella (solo con quest’opera mi succede) che mi devo tenere, fa quasi male.

(Viaggiare, nel tempo e nello spazio confusi: Così fan tutte insieme a mio padre, in un universo che oggi mi dico: ma ero io? e poi a Vienna, a Berlino, e soprattutto a New York, studente indomabile, quelle notti passate a fare la fila davanti al Met per i preziosi biglietti a tre dollari, un posto sotto l’orchestra, per poi sgattaiolare in platea, e il primo innamoramento: la superba Kiri Te Kanawa…)

Ogni volta che esco dopo aver ascoltato la musica di Mozart, non posso fare a meno di pensare quel che espresso appare come un poncif dei più banali (pourtant, c’est vrai!) : questa musica potrebbe salvare il mondo… Meno banale, forse, sicuramente più modesto, è pensare, sentire come può salvare noi stessi, dalla nostra troppo spesso disperata esistenza. Ci pensavo, lo sentivo uscendo dal teatro, e adesso che ci ripenso, come un balsamo, dimentico di tutto il resto: e mi sembrava, mi sembra di nuovo, di volare.

Questo intendevo per restituzione, e potrei dire suggerimento, invito : chi può vada a vederlascoltarla, questa Così fan tutte, c’è tempo sino al 31 maggio.

(p.s. Mozart, l’italiano, la musica, un clin d’œil a qualcosa che metteremo prossimamente in rete, un pensiero a quello che, del nostro paese, mi è più caro : questa lingua capace di cantare)

Giuseppe A. Samonà

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Giuseppe A. Samonà
Giuseppe A. Samonà, dottorato in storia delle religioni, ha pubblicato studi sul Vicino Oriente antico e sull’America indiana al tempo della Conquista. 'Quelle cose scomparse, parole' (Ilisso, 2004, con postfazione di Filippo La Porta) è la sua prima opera di narrativa. Fa parte de 'La terra della prosa', antologia di narratori italiani degli anni Zero a cura di Andrea Cortellessa (L’Orma 2014). 'I fannulloni nella valle fertile', di Albert Cossery, è la sua ultima traduzione dal francese (Einaudi 2016, con un saggio introduttivo). È stato cofondatore di Altritaliani, ed è codirettore della rivista transculturale 'ViceVersa'. Ha vissuto e insegnato a Roma, New York, Montréal e Parigi, dove vive e insegna attualmente. Non ha mai vissuto a Buenos Aires, né a Montevideo – ma sogna un giorno di poterlo fare.

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