Il Bossi se ne va.

Andreotti si sbagliava. Il potere logora chi ce l’ha.
Travolto dagli scandali, che ormai quotidianamente con nuove rivelazioni scuote la Lega Nord, piegato dalla malattia Umberto Bossi lascia la Lega. Si è spento il cerchio magico, rivelatosi anche come un cappio alla gola del capo, sempre più impedito nel controllo del “suo” partito e della “sua” famiglia, con una Lega diventata un’accolita di affaristi impegnati con distrazioni di somme di denaro in Tanzania e finanche indiziati per legami e affari con la ‘ndrangheta calabrese, il vecchio Senatur, piano, piano ha finito per apparire un vaneggiatore più che un politico, forse finanche raggirato da moglie e figli (in primis il noto Trota).

Il Bossi ormai era un interprete, confuso e contraddittorio di una fase politica molto diversa da quella che aveva segnato i primi passi della sua carriera politica e di un partito che a cavallo tra gli anni ottanta e novanta aveva scosso profondamente il panorama politico nazionale.

Una nemesi storica. La Lega dei forcaioli che gridava nelle piazze contro i politici di tangentopoli, la corruzione e Roma ladrona, si trova oggi nelle prime pagine per diversi scandali, per una gestione “familiare” del partito che già fu raccontata dal settimanale Panorama, e poi segnata dai molti dubbi di quei leghisti che erano fuori dal “cerchio magico”, come Maroni o da chi, addirittura da anni aveva lasciato il carroccio sentendo traditi quei valori “padani” che erano stati presupposto del successo del partito nel settentrione d’Italia.

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Un tradimento che ha origini antiche nella incapacità di un partito a vocazione di lotta ad essere anche di governo, l’abbraccio mortale, da cui Bossi era sfuggito dopo il primo governo del cavaliere si è materializzato successivamente con effetti devastanti.

Come per il Berlusca, anche il Bossi lascia un partito che è da ridefinire. Diversamente dal Popolo della Libertà, la Lega Nord ha una sua grezza ideologia, un radicamento nel territori molto più forte, ma indubbiamente privato del suo leader storico, relegato al rappresentativo ma vuoto ruolo di presidente del partito, faticherà non poco a darsi una nuova identità, logorato tra falchi e colombe con una crisi di posizionamento dopo la rottura con Berlusconi.

Paradossalmente l’uscita dei B. B. (Berlusconi, Bossi) forse potrebbe determinare un riavvicinamento tra le due forze della destra italiana. Non sarà facile. L’avevamo detto con Monti e dopo Monti nulla sarà più come prima. I problemi sono in tutte le aree politiche e sinceramente non posso che salutare quest’altro passaggio, come un nuovo, utile momento di quella riforma della politica che reclama soggetti nuovi, nuove visioni e anche leadership nuove.

Certo non basta cambiare il solo segretario di partito, spesso partiti come la Lega sono sorrette da veri e propri gruppi o famiglie di potere (il cerchio magico), e le guerre di successione saranno dure e sanguinose e comunque a scapito dei problemi reali dei cittadini.

Quale sarà il futuro quadro politico italiano? Con un Pd che saluta la riforma dell’art. 18 come un successo, mentre Di Pietro da a Monti la responsabilità dei recenti suicidi causati tra imprenditori e lavoratori a seguito della crisi economica. E Vendola che si allea con i falchi del sindacato dando a Monti del “peggiore di Berlusconi”.

Con il PdL isolato,senza alleati, un Terzo Polo che non prende posizioni con tre possibili leader con varie anime; laiche, cattoliche, liberali e stataliste ed ora la Lega che non può obbiettivamente più proporsi come alternativa al sistema, dopo aver governato e protetto per anni Berlusconi, aver dimenticato il federalismo ed aver imparato a zoppicare anche sul piano etico con una gestione allegra delle finanze del partito (tra cui i finanziamenti dello Stato, cioè nostri) e le corruttele neanche recenti, neanche solo ascrivili a pochi isolati “mariuoli”. La fine del berlusconismo ci porta via un altro pezzo di quella che fu la seconda repubblica, ma fu vera seconda repubblica?

L’attuale fase politica richiede ancora che il nostro Presidente Napolitano tenga il timoni e vigili, che Monti vada avanti (del resto quale alternativa vi potrebbe essere?). Ma certo il tempo stringe e la politica deve sbrigarsi a darsi un volto nuovo ma soprattutto progetti nuovi, organizzazioni nuove. Il cambiamento ci balla intorno tra primavere arabe, il movimento del 99%, gli “Indignados” ed altri e tutto quanto avviene, merita analisi, riflessioni e anche risposte.

La politica deve dare risposte altrimenti non occorre a nulla, non rappresenta nulla.
Aldilà del provincialismo leghista e anche del nostro quadro politico chiuso in piccoli interessi di bottega, c’è il mondo, un rivedere profondamente il rapporto tra economia e politica, una Europa in ritardo e che soffre.

Intanto è bene comunque archiviare con piacere questa notizia che viene dal nord.

Nicola Guarino


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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

2 Commentaires

  1. Il bossi se ne va.
    ben detto caro Nicola
    una bella notizia se non fosse un’ennesima triste conferma di quanto il livello fosse scaduto da tempo anche in quelle forze che si definivano antisistema.
    Chi ci aveva creduto cosa farà adesso? ingrasserà l’astensione? cercherà quarti e quinti poli? intanto un buon Pd (quello di Civati e Rodotà) propone da tempo una riforma del sistema di finanziamento pubblico ai partiti (cioe’ di abolirlo).
    A disposizione per discuterne anche insieme agli amici democratici!
    beatrice

    • Il bossi se ne va.
      Gentilissima Beatrice,
      naturalmente sono disponibile a parlarne con chiunque. Il problema della trasparenza di bilancio appare tema cruciale in una fase così critica della credibilità dell’attuale sistema dei partiti. Un po’ tutti, anche in parlamento s’indignano e invocano una pronta legge in materia. Ma come anche per la riforma del sistema elettorale, dove tutti invocano una nuova legge che ridia voce agli elettori, si ha la sensazione che tra il dire e il fare ci sia sempre come si dice il mare.
      Noi speriamo bene.
      Nicola Guarino

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