Sull’articolo 18 può saltare il banco.

Un errore del governo il mancato accordo con le parti sociali sull’art. 18. Nuove tensioni politiche mettono a rischio i delicati equilibri politici che consentono la ripresa nel paese. Forte il rischio di uno scontro sociale e generazionale. Il ruolo del Parlamento e l’intervento del Presidente Napolitano, possono essere decisivi.

L’impuntatura del ministro Fornero e quindi del governo Monti sull’art.18, suona come quelli di alcuni professori che preso un provvedimento disciplinare eccessivo, non hanno poi l’elasticità di comprendere che quel provvedimento va ritirato.
Sulla questione in oggetto, si rischia di far saltare i delicati equilibri parlamentari che sono stati fin qui essenziali alla ripresa ancora febbricitante del paese.

La riforma del lavoro presenta luci ed ombre, ed impone hai partiti, specie al PD di mettere a dura prova i suoi rapporti con un elettorato già riluttante e critico nei suoi confronti.
E’ bene fare chiarezza sul punto. L’art. 18 è stato ed è un architrave dello statuto dei lavoratori, che bene ricordare fu redatto dal docente Gino Giugni che pagò questa riforma con il ferimento alle gambe ad opera delle Brigate Rosse.

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In breve con quell’articolo non si poteva licenziare il lavoratore senza una giusta causa. Questa norma, peraltro è operante solo nei confronti delle grandi aziende, restano escluse le piccole e medie aziende che sono poi l’asse portante del sistema imprenditoriale italiano. Quindi la norma è applicabile per un ridotto numero d’imprese ma per un consistente numero di lavoratori stimato intorno agli otto milioni.

La giusta causa era quella dei gravi motivi disciplinari e non per ragioni economiche e/o di riorganizzazione industriale, argomento invece introdotto dalla Fornero. L’eventualità di un licenziamento senza giusta causa comportava un processo innanzi al giudice del lavoro con la possibilità che il giudice disponesse il reintegro del lavoratore. Processi lunghi e faticosi per ambo le parti.

Questo si ritiene sia uno dei motivi di dissuasione per gli imprenditori dall’investire in imprese sul suolo italiano. Ancora il governo insiste che con questa riforma del lavoro e dell’art. 18 si può aprire la partita per l’inserimento dei giovani sul mercato. Una maggiore flessibilità in uscita comporterebbe una maggiore possibilità di assunzioni e soprattutto metterebbe fine a quel labirinto di contratti e contrattini precari che furono concepiti da Biagi (altro giuslavorista che pago, addirittura con la vita, la redazione di quella riforma), con ben altro spirito da quello che ne ispirò l’applicazione. In pratica si ritiene che i contratti di lavoro in ingresso possano essere, sostanzialmente solo a tempo indeterminato, preceduti da un periodo di apprendistato.

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Sul tema quindi, si rischia, salvo una revisione dell’attuale testo (peraltro non ancora depositato agli atti parlamentari), di ingenerare non solo un conflitto sociale gravissimo (manca l’accordo con i sindacati e i lavoratori già stanno inscenando manifestazioni spontanee di protesta), ma finanche un conflitto generazionale.

Sinceramente, credo che il governo Monti abbia avuto ed abbia numerosi meriti, il primo quello di averci liberato dal berlusconismo, in secondo luogo di avere mosso sul piano delle riforma (certo con luci ed ombre) l’asfittico e immobile panorama della politica italiana, ridando impulso al paese sia sui mercati che in Europa, dove l’Italia ha riguadagnato posizioni e prestigio, infine sono indiscutibili anche i meriti su questa riforma del lavoro che finalmente offre ai giovani la possibilità di uscire dal frustrante labirinto di precarietà che umilia le loro professionalità e impediva di guardare serenamente al futuro.

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Tuttavia, credo che paradossalmente, il governo dei tecnici, dopo molti elogi, forse sta perdendo la testa, insistendo nel riformare un
articolo che appartiene alla storia e all’indole della società italiana. Come proprio la riforma Biagi insegna, l’Italia non ha una solida cultura di regole e d’impresa, né la sensibilità sociale sul rispetto del lavoro delle società anglosassoni. Dove i licenziamenti ma anche le assunzioni sono facili e tutti sotto la luce del sole e di regole chiare.

In Italia fatta una legge si cercano mille espedienti per far fruttare egoisticamente quelle leggi anche con forzature e raggiri (partite IVA per lavoratori dipendenti, rendere le commesse dei negozi associati all’impresa, forme di lavoro nero aggiunte ai contratti flessibili, lasciare contratti in bianco per licenziamenti facili delle lavoratrici madri). E’ vero che su alcuni temi è intervenuta la proposta di Fornero, che cerca di impedire queste odiose furberie, ma intaccare l’art. 18 senza opportuni tutele rischia di consegnare una pericolosa arma ad imprenditori che non sono cresciuti con l’educazione imprenditoriale anglosassone, con effetti deflagranti.

E’ bene quindi ricordare che su otto milioni di lavoratori le cause per l’articolo 18 sono annualmente circa mille con solo una cinquantina di casi di effettivo reintegro. Ci sembra quindi davvero poco, per giustificare il ricreare di un clima di scontro nella società italiana, e lo spread che risale pericolosamente è lì a testimoniarcelo.

Con l’attuale riforma, è evidente che gli imprenditori, che non sono tutti dei santi, saranno tentati ad ogni difficoltà a mettere mano alla pratica motivazione economica per operare tagli di lavoro. Peraltro quello che sta determinando tante difficoltà tra le forze sociali, con possibili spaccature sindacali ed una conflittualità interna alla maggioranza politica che sostiene il governo tecnico è un falso problema.

Peraltro, l’art.18 si applica solo per licenziamenti individuali, e quindi rischia di diventare lo strumento per colpire i sindacalisti o comunque chiunque abbia voglia anche a costo di infastidire il “padrone” a far valere la propria dignità e i propri diritti.

Di licenziamenti purtroppo nell’ultimo anno ce ne sono stati 800mila, a prescindere dall’art. 18, e le ristrutturazioni, ad esempio nella Fiat, stanno dimostrando che si possano fare anche licenziamenti per motivi discriminatori, chiedetelo alla FIOM.

L’eliminazione dunque dell’art.18 può costituire anche un incentivo per giustificare dietro la scusante del motivo economico una sottocultura del lavoro con cui viene ad essere ridimensionato il ruolo tutelare del sindacato a vantaggio di uno spregiudicato predominio dell’imprenditore, con l’effetto di sbilanciare ancora di più il rapporto già oggettivamente non paritario tra imprenditore e lavoratore.

A dimostrazione del fatto che sia veramente poco rilevante ai fini della crescita economica del paese l’art. !8 viene la stessa Confindustria che credo sia molto lontana dal sindacato e dalla sinistra. L’uscente presidente Emma Marcegaglia ha più volte detto che per gli industriali l’art. 18 è l’ultimo dei problemi, cosa ribadita dal neo eletto presidente dell’associazione industriali Squinzi che notoriamente ritiene che sia inutile toccare l’art.18.

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Lo scontro rischia quindi di essere tutto ideologico e per niente pratico, facendo perdere al governo quel ruolo pragmatico e a volte anche cinico, che tuttavia ha raccolto tanto e trasversale consenso in Italia. Non è un caso che sulla delicata materia a differenza del decreto “Salva Italia” o per le liberalizzazioni, il Presidente Napolitano ha chiesto che il governo non imponga un decreto dando così la possibilità di emendare la riforma del lavoro.

E non è un caso che malumori serpeggino anche all’interno dello stesso governo che rischia di deragliare dalla giusta via fin qui seguita. Peraltro, sia i sindacati che il PD avevano dimostrato di voler anche incidere su questo articolo, il PD ha chiesto una soluzione alla tedesca, che preserverebbe il lavoratore che sarebbe eventualmente sospeso dal lavoro in attesa e a spesa dell’impresa per poi essere reintegrato o ricollocato nel momento della ripresa o al completamento della riorganizzazione industriale, il sindacato CISL ha chiesto di dare la possibilità al giudice del lavoro di verificare che effettivamente l’impresa abbia una necessità economica dando cosi al lavoratore la possibilità del reintegro e non solo di ottenere l’indennizzo.

C’è ancora tempo e l’auspicio è che si evitino impuntature ideologiche nell’interesse dell’unità nazionale, elemento essenziale per il rilancio del Paese.

(nelle foto: in alto Elsa Fornero ministro del lavoro, dopo la Camusso segretaria generale della CGIL, maggiore sindacato italiano).

Nicola Guarino


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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

5 Commentaires

  1. Sull’articolo 18 può saltare il banco.lettera al presidente monti…con molta umiltà…
    Egr.professore…lei è stato incaricato di governare sopratutto per la stima che gode a livello internazionale…questa sua caratteristica è

    Senza dubbio un atout che ha messo a servizio del paese…ma secondo me non l’ha sfruttata a pieno…

    Questa sua caratteristica importantissima dopo decenni di oscurantismo di credibilità internazionale non è stata usata per fare una

    Riforma fondamentale per il paese…la riforma fiscale….senza disperdersi dietro all’art.18..o i tassisti..o i farmacisti…

    Da modesto cittadino avrei agito così….

    1—avrei studiato una riforma fiscale seria ad es. con aliquote minime per i redditi fino a 30.000 euro l’anno ed aliquote mano mano

    Progressive ma comunque più basse di oggi..

    2—avrei stilato una legge in tal senso ma senza vararla..

    3—sarei poi andato in europa…e qui avrebbe giocato la sua credibilità internazionale..ed in previsione della riforma avrei chiesto

    Un aiuto europeo e la possibilità di sforare il 3 percento in quanto appena varata la riforma gli incassi sarebbero diminuiti…

    4—con le autorizzazioni europee in tasca sarei tornato a roma ed avrei posto la questione di fiducia sulla riforma fiscale..

    5—varata la legge avrei fatto l’ultimo condono fiscale della repubblica ma questa volta con una nuova legge fiscale già operativa…

    6—solo allora avrei spinto i controlli in maniera drastica sugli evasori…questi non avrebbero più alibi ..

    7—contemporaneamente avrei tagliato la maggior parte dei 100 miliardi di privilegi di cui gode la classe dominante

    Sarò un visionario ma dopo questi interventi l’evasione si ridimensionerà…l’italia potrà essere un paese europeo ‘’normale’’

    E lei passerà alla storia per aver realizzato la prima ‘’seria concreta adatta a questo paese’’riforma fiscale’’

    In definitiva avrei ribaltata la logica dell’evasione..in sostanza…vi ho fatto una legge equa e possibile…potete sanare il

    Passato e non vi conviene più evadere…lo sviluppo sarebbe consequenziale..gli italiani tornerebbero a credere nello stato..

  2. Sull’articolo 18 può saltare il banco.
    Buongiorno Nicola sono Matteo Guareschi

    Gia’ ci conosciamo attraverso il blog.
    Direi che non so’ quanto ci sia dà disquisire se non da constatare una costante agonia e malessere del nostro paese rispetto alla sua economia e ai sui mediocri rappresentanti di qualsivolgia parte.
    Detto questo mi sembra di parlare di « antologia del passato ».
    E’ chiaro chi in Italia ha una ricchezza se la tiene non la condivide e la fà fruttare altrove.
    Chi non ha potere economico è all' »angolo » non puo’ e non potrà cambiare le cose se non impoverendosi.
    Chi di noi o voi ha emigra o ha già fatto questo!
    avendo avuto per fortuna e ricerca e merito la possibilità!

    Ora:
    I partiti? Inesistenti
    I loro rappresentanti ? Inesistenti
    I loro interessi ? Il loro stipendio

    Negli ultimi mesi PD PDL UDC tutti con un « basso profilo » di propaganda delle loro intenzioni.
    Anzi direi che hanno solo « parato » e assecondato il messaggio del governo Monti che sembra andare con il pilota automatico in un flemmatico apparente ottimismo.

    Non cambieremo mai per la nostra pigrizia avidità e ignoranza
    e noi altri che stiamo a scrivere siamo degli intellettuali che cerchiamo ragioni per « chiaccherare »
    ma se siamo obbiettivi dobbiamo riconoscere una situazione solo di « stasi » fermezza e blocco dell’Italia . »Piccolo grande paese » che potrebbe fare di più ma per volontà potenti e arroganti ora è alla deriva.
    Non mi fido piu’ delle nostre istituzioni forse ho solo ancora un po’ di « fragile speranza »
    Vedremo!

    Saluti Matteo Guareschi

    • Sull’articolo 18 può saltare il banco.
      Caro Matteo,
      comprendo il tuo pessimismo ed in parte lo faccio anche mio e, tuttavia, penso che il tuo EVO TV, come il nostro sito ed altre esperienze analoghe siano importanti contributi per costruire la politica del futuro, una politica « normale » dove la gente nel piccolo e nel grande sia protagonista del proprio tempo, della propria storia. Poi c’è l’Europa dove malgrado tutto io credo ancora si possa fare molto. A breve qui in Francia si vota. Certo se avremo ancora Sarko, sarà un brutto segnale per l’Europa e anche per noi, ma malgrado tutto si può sperare che in Francia cambi qualcosa, così come è successo in Italia. Vedi, io credo che Monti abbia dei meriti e dei limiti, il maggiore dei quali è proprio quello di essere un governo tecnico privo di una visione politica più ampia. Ma nel 2013, nulla più sarà come oggi, inevitabilmente gli equilibri politici saranno diversi e anche questa sfatta classe politica sarà costretta alla pensione. Noi, tu, i tanti movimenti che hanno cambiato Milano, e occupato le piazze come le donne, i ragazzi in difesa della Costituzione e i tanti movimenti che si agitano nella nostra società dimostrano che la gente ha voglia di politica e magari non di questi partiti o almeno di queste classi dirigenti dei partiti. Per questo bisogna continuare, costruendo una rete di contatti su internet che faccia fiorire ancora questa primavera che ha già sciolto il grande gelo berlusconiano. Ce la faremo.
      Nicola Guarino

  3. Sull’articolo 18 può saltare il banco.
    Caro Nicola,
    Leggo il tuo articolo mentre Rai 1 trasmette le immagini degli operai che manifestano davanti il ministero dello sviluppo economico e vengono caricati dalla polizia. In prima fila sventolano tante bandiere della Cisl assieme a quelle della Cgil e degli altri sindacati. Nessuno puó dire che si tratta dei soliti facinorosi della Cgil come nessuno puó dire che la violenza della carica è un montaggio di una rete sovversiva della tv di Stato.
    È vero, il governo tecnico ha avuto il merito di aver scombinato le carte mettendo da parte Berlusconi ma, prima con le pensioni ora con il lavoro, sono evidenti i limiti di una compagine che sembra oramai prigioniera di uno schema « tecnico » dove il tecnico interviene e, indipendentemente dagli effetti, non è disponibile a un confronto di merito.
    E le immagini di stasera sono eloquenti: anche i tecnici possono indurre una deriva antidemocratica preoccupante.

    • Sull’articolo 18 può saltare il banco.
      Caro Italo,
      ho visto anche io le drammatiche immagini di cui ci parli, come abbiamo sentito di casi disperati di persone che si sono date fuoco perché non possono pagare i debiti o hanno perso il lavoro. Certo un governo tecnico non può porsi in un’ottica squisitamente politica, certo non ha il compito di accontentare, ma di sanare e tuttavia, occorrono segnali forti. Alludo sull’evasione fiscale, sul chiedere sacrifici a chi ha di più, attivando almeno quell’opera di tassazione sui beni extralusso e soprattutto occorre una rigorosa concertazione sul tema del lavoro. Un riforma che non può che essere, in questa fase, condivisa dal parlamento e dalle forze sociali e sindacali Confindustria e Sindacati inclusi. In questa fase di trasizione, questo governo deve contare sulla fiducia e sul sostegno di tutti, quindi più che polemiche o impuntature ideologiche come sull’art.18, occorrono politiche che favoriscano la crescita in un quadro di regole chiare e da far rispettare.

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