La firma di Napolitano

IL Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar accogliendo il ricorso della Regione Lazio, vanificato il DL del governo. Ora Berlusconi invoca la piazza. La firma del Presidente al DL, voluto dalla maggioranza per salvare i candidati governatori, Polverini e Formigoni, aveva suscitato proteste e polemiche in tutta Italia. A meno di quindici giorni dalle elezioni, la politica italiana sembra ridursi a battaglie procedurali. Sui programmi e sui molto discutibili candidati, si dice poco o nulla. Un ulteriore esempio della necessità di una “Riforma della politica”.

Potrebbe essere ad una svolta la storia infinita sull’ammissione della lista PDL nel Lazio. Prima il TAR, poi l’Ufficio elettorale della Corte d’Appello di Roma, infine il Consiglio di Stato hanno di fatto vanificato il DL del governo salva lista. Si ritiene che il governo non poteva intervenire in materia essendovi delle leggi regionali che non possono essere disapplicate per volere del governo. Morale, Popolo delle Libertà escluso a Roma e nel Lazio. Anche se i berluscones intendono proporre nuovi ricorsi, ormai a quindici giorni dal voto la questione sembra chiusa. Il premier, dopo la manifestazione di ieri dell’Opposizione si perepara ad una risposta di piazza per Sabato prossimo a Roma. Speriamo che non faccia: « bivaccare un manipolo dei suoi uomini nel parlamento ».

Il tentativo di azzerare leggi e regolamenti con provvedimenti non condivisi e dell’ultimo minuto sembra, a questo punto, un inutile atto di arroganza, non privo di effetti sull’elettorato, se è vero che dopo molto tempo i sondaggi non registrano più straripanti vantaggi a favore del premier e dei suoi alleati.
Per altro a pochi giorni dall’elezioni, l’elettorato vorrebbe che si parlasse di programmi e d’idee e non solo di regole, cavilli e procedure.

Tuttavia, qualche riflessione su quanto accaduto va fatta, a destra come a sinistra, specie pensando alla furia con cui una parte dell’opposizione (leggi IdV di Di Pietro) ha reagito alla firma all’inefficacie decreto, del nostro Capo di Satato.

Francamente, nel mio piccolo, mi associo ai tanti che non hanno condiviso la firma di Napolitano, al decreto legge, che falsamente interpretativo, oltre che ignoto (chi ha avuto modo di leggerlo?) aveva rimesso in gioco le liste nel Lazio e in Lombardia. Un vergognoso provvedimento “ad partitum” che non fa bene alla già sconvolta etica e legalità del nostro Paese. La incapacità e la faciloneria del partito-azienda PDL del nostro premier, la dice lunga su come è concepita, e con quale serietà, la politica e il rapporto con i cittadini-elettori, dalle attuali forze di governo.

Tuttavia, un problema grave si poneva sul garante della nostra Repubblica.
Escludere il PDL e i candidati Polverini nel Lazio e Formigoni in Lombardia, significava escludere, comunque la si pensi, la più che probabile maggioranza degli elettori dal voto democratico, consegnando così due regioni importantissime all’opposizione, senza che questa avesse un chiaro e sostanzioso consenso popolare.

Ciò non toglie la gravità della vicenda, ma francamente non credo che Napolitano abbia voluto fare l’interesse di Berlusconi; più probabilmente ha ritenuto (e non sono d’accordo) prevalente l’interesse di garantire la partecipazione al voto di una più che grande parte (specie in Lombardia) degli elettori che il rispetto di regole che come detto da molti non sono formali ma sostanziali.

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Questo ulteriore episodio dimostra, però, ancora una volta, l’urgenza di una riforma della politica in Italia. Una politica ancora schiava di schemi ideologici, privi di sostanza ideologica. Credo che secondo schemi obsoleti e superati, Fare Futuro, il sito della fondazione Fini, a destra, e Altritaliani a sinistra, stiano cercando, insieme ad altre esperienze, nel loro essere laboratorio ed osservatorio della politica, di costruire delle nuove ideologie che riportino la politica tra la gente, depurandola di tutto il malcostume, il lobbismo attuale, uscendo dagli sfaceli dell’attuale crisi della democrazia rappresentativa del nostro Paese per porre questa nostra Italia con nuovi e vecchi valori da scoprire o recuperare, al centro della globalizzazione che sta cambiando il mondo e i suoi assetti. Insomma uno sforzo che coinvolge tanti altri per passare da questa seconda repubblica ad una terza in cui questa riforma della politica si possa dire compiuta.

Per questo passaggio occorrono traghettatori e se la destra ha (è il caso di dire) il suo Caronte, la sinistra e il centro (secondo questo vecchio schema) presentano traghettatori poco illuminati e credibili.
Mi rivolgo qui all’opposizione.

I l vero problema politico è che non possiamo sperare di cambiare l’attuale equilibrio delle forze in campo, contando sul lavoro (di cui dobbiamo essere grati) della magistratura, o sugli errori della maggioranza.
Il vero punto è che il consenso in democrazia, lo dà unicamente la sovranità popolare ed è quella che bisogna conquistare.
Ho molto rispetto per le varie iniziative spontanee che sorgono per segnalare il malessere italiano, al cospetto delle scellerate iniziative governative che disorientano sul piano morale e legale la nostra gente. Ho molto rispetto del “Popolo viola”, dei “grillini” e delle iniziative cavalcate spesso dall’Italia dei Valori di Di Pietro, che testimoniano questo malessere.

Credo, tuttavia, che l’attuale deriva populista dell’imprenditore Berlusconi, non si sconfigge con abbondanti iniezioni di un populismo per così dire di “sinistra”, credo che la nostra classe politica vada cambiata profondamente con persone che a destra, centro e sinistra, possano proporre un diverso senso dello Stato, ricostruendo quello Stato di diritto, quel solido legame alle nostre radici culturali e costituzionali, che possano proporre una morale ed un’etica dell’interesse e del bene comune, contro l’attuale affarismo, contro gli attuali disvalori (arrivismo, egoismo, rampantismo, prevalenza dell’immagine sui contenuti, affarismo appunto, razzismo ed altro) che quando non sono indicati come “nuovi valori” sono taciuti e consentiti, da una classe politica compiacente, ipocrita e collusa a questi.

Il vero punto è che il consenso non si costruisce a colpi di magistratura, oppure impedendo il voto alla più che probabile maggioranza degli elettori lombardi e laziali, ma lavorando sulla realtà del territorio, facendo proprie battaglie per il lavoro, per le case, contro la povertà, per un inserimento sempre più coerente degli immigrati, ponendo temi civili al primo posto dell’impegno tra la gente. Temi come il rispetto delle diversità, la lotta al razzismo, al sessismo, ad una deleteria immagine femminile nella società, che ha riportato le conquiste delle donne a decenni fa. Imponendo una cultura laica, disprezzando e combattendo, le mille ipocrisie del nostro Paese (dove un cantante è escluso da una manifestazione canora perché confessa di aver fatto uso di cocaina, e poi abbiamo i parlamentari che ne fanno uso indisturbato), infine chiarendo e archiviando una volta e per tutte i mille misteri italiani, non ultimo quello sul rapporto mafia/Stato agli inizi degli anni novanta.

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Dove si pongano al centro del dibattito i temi bioetici e della ricerca scientifica con chiarezza e senza indugio, ponendo grandi iniziative tra e con la gente. Andando a parlare di come sono le scuole oggi e le città, andando a verificare qual è lo stato di sofferenza di coloro a cui si chiede di votare. Infine, per citare un ultimo esempio, imponendo che la politica da oggi in poi non metta più becco nella libertà d’informazione, lasciando ai direttori delle testate e ai giornalisti la libertà di raccontare il paese come vogliono, affermando così anche la maturità e responsabilità del nostro sottovalutatissimo pubblico italiano.

A proposito delle quali aggiungo che non sarei stupito se, dopo questa disgustosa querelle sulla presentazione delle liste, molti italiani non andassero a votare alle prossime regionali. Visto che si parla solo di liste (imposte dall’alto) e panini galeotti che determinano esclusioni dalle votazioni e nulla si dice sulla nostra Italia che a sud cade a pezzi (Calabria, Sicilia ma anche Campania) e dove a nord chiudono le imprese (ormai nel sud nemmeno ci sono), oppure di intere regioni dove i genitori portano la carta igienica nelle scuole per i loro figli visto che il sistema scolastico non ha più nemmeno i soldi per quello. Scuole, peraltro, vecchie e cadenti, espressioni di un Paese dove le diseguaglianze sono sempre più forti e sempre più a danno dei più deboli.

Ma non credo che in questa ipotesi si possa parlare di “sciopero del voto”, penso che bisognerebbe registrare solo una gravissima disaffezione dei cittadini alla partecipazione ad un voto per una democrazia che non li ascolta e non li rispetta.

Un disimpegno verso una politica che ci condanna a parlare per mesi ed anni delle magagne politico-giudiziarie di Berlusconi & C. che è incapace di parlare dei tanti giovani senza futuro, costretti a mortificanti lavori precari, privati di ogni serenità lasciati soli spesso legati al destino di genitori sempre più vecchi ed inquieti.

Ecco, prima di vincere le elezioni bisogna costruire il consenso.
Il consenso dato l’attuale stato di coma del Paese richiede tempo, coraggio e un approccio positivo verso i veri problemi del paese.
Forse è quello che bisogna cercare più che l’ennesimo errore procedurale dell’avversario o l’ennesima inchiesta giudiziaria, su un sistema di governo ampiamente corrotto ed inaccettabile.

L’alternativa è da costruire, ma non la costruirà il volenteroso e coraggioso “popolo viola” o il magistrato che diligente servo dello Stato, combatte in solitudine, un sistema di clientele e corruzione ben più radicato di quello degli anni ottanta.

L’antidodo a questa politica deve germogliare all’interno della politica stessa e dei suoi partiti, il cui processo di trasformazione è, da dopo tangentopoli, tutt’altro che concluso. L’alternativa non può e non deve che ricercarsi all’interno della politica e dei suoi partiti.
L’impegno più utile è quello sì di partecipare ma anche di appropriarsi di questo sistema di partiti per poterlo cambiare e modernizzare, mettendo in profonda discussione metodi, contenuti e persone.

L’opposizione dovrebbe riprendere l’iniziativa politica proporre riforme e un dibattito da riportare si su internet ma anche nelle piazze e nelle strade, con un lavoro capillare, ricostruendo una rete di contatti ed una presenza continua, politica e culturale, sul territorio che sia attente a recepire ed interpretare i reali problemi della nostra società, rompendo questa spirale di solitudini e di sconforto nel quale sta marcendo la nostra democrazia.

Nicola Guarino


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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

2 Commentaires

  1. La firma di Napolitano
    Ho letto. Grazie. Sono d’accordo sull’analisi degli eventi ma non sul fatto che la soluzione posso e debba venire dal logoro sistema dei partiti, che ormai sono svuotati di senso e funzionano come freno al rinnovamente democratico e non lasciano spazio alle esigenze dei cittadini, ma solo a quelli di gruppi e lobbies legati all’élite che detiene il potere.

    Bisogna manifestare anche contro il legittimo impedimento, imposto con l’ennesima fiducia …oramai non c’è più discussione parlamentare. Berlusconi è un dittatore in piena regole. E l’Europa?? Che fa l’Europa?

  2. La firma di Napolitano
    Carissimi,

    vi invio la « lettera aperta » al nostro Presidente della repubblica inviata via facebook ieri 8 Marzo.

    Grazie per gli articoli e, è bello poter comunicare così.

    Caro Presidente,

    ho apprezzato molto che Lei nel suo messaggio in occasione dell’8 Marzo abbia inteso dire che « Una democrazia rispettabile è proprio il luogo nel quale per essere buoni cittadini non si deve esercitare nessun atto di coraggio ». Purtroppo nel nostro Paese siamo costretti ogni giorno ad essere coraggiosi, ed è per questo che non condivido la Sua idea di un’ Italia dove « al di là di ogni differenza di modi di pensare e di posizioni politiche, profonda è tra le italiane e gli italiani la condivisione del patrimonio di valori e principi che si racchiude nella Costituzione repubblicana, a coronamento di una lunga e travagliata esperienza storica ».
    Non condivido il suo pensiero perchè sono convinto che non è così: non lo è per chi ci governa e ogni giorno mortifica la nostra costituzione, non lo è per che detiene il potere economico ed ogni giorno scarica sulla povera gente la spasmodica ricerca di profitto, non lo è per chi è sta trasformando il bisogno di politica, quella con la « P » maiuscola, in un rifiuto della politica.
    Credo che fingere un buonismo estraneo ai nostri tempi alla fine autorizzi « Lor Signori » a percorrere imperterriti la loro strada, disconoscendo le regole che impongono ad altri, abusando dei loro poteri, evidenziando che lo spirito di servizio è cosa lontana anni luce dalla loro cultura.
    Nelle sue parole Lei giustamente sottolinea che questa condivisione di valori dovrebbe risultare evidente attraverso « l’impegno civile, la solidarietà, il rispetto della legalità, valori fondanti del nostro vivere civile ».
    Chi può non essere daccordo con la Sua sottolineatura?
    Nessuno, salvo poi accorgersi che l’impegno civile viene confuso con il tornaconto personale, la solidarietà, salvo encomiabili esempi, viene confusa con una sussidiarietà dovuta all’inefficienza di chi governa, la legalità è calpestata ogni giorno e con tutti i mezzi possibili.
    No, caro Presidente, non riesco a convincermi che tutti condividiamo gli stessi valori e sono convinto che nel suo intimo Lei ne sia consapevole. Anche per questa mia convinzione, devo confessarle che non ho condiviso le ragioni che l’hanno portata a firmare il D.L. sulle elezioni regionali.
    Anche questo, nel mio e Suo Paese, siamo ancora alla ricerca di « una democrazia rispettabile » quale luogo nel quale « per essere buoni cittadini non si deve esercitare nessun atto di coraggio ».

    La saluto cordialmente.

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