Il Giro in Irpinia, ciclismo e cultura.

Quasi un secolo, novantanove anni di storie e pedali. Il ciclismo in Italia è di casa, forse lo sport più amato, certamente quello che ha ispirato più scrittori, da Arpino, Vergani a Buzzati. Canzoni come quelle dedicate a Bartali o a Coppi. Il Giro è una festa che attraversa tutto il Bel Paese e da qualche anno anche un po’ di Europa. In questi giorni si attraversa l’Irpinia, la Campania ed allora le sensazioni e i ricordi sono tanti…Un racconto di Gabriele De Masi.


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Il Giro è attesa. Lo era, ancor di più, quando non si parlava con segnalazioni subliminali, bip d’attenzione e stregonerie varie su palmari in cinemascope onnicomprensivi d’ogni verità. Chi aveva una radiolina con l’auricolare, per quel po’ che riusciva a sentire, rotolando tra canali disturbati, era un protagonista da poltrona di prima fila.

La carovana rosa ritardava. Si saltava il pranzo e l’emozione era tanta tra un clamore improvviso per chi si presentava in bicicletta con una maglia di lana inventata con sponsor locale e un’auto di pubblicità fuori dalla carovana, che ne approfittava per vendere qualche maglietta fatta a Somma Vesuviana o un profumo d’atleta che sapeva più d’ortica e lavanda Cannavale che di unguento e balsamo del campione.

Il Giro. Attesa d’un fulmine che illumina e spegne, affascina e prostra. Giro di gambe con le punte dei piedi sui pedali che non fanno rumore se non nell’orchestra di catene in continuo andirivieni, possanza di rapporti, spasmi, canto di sirene che da scogli di telai incantano istanti preziosi a chi guarda la carovana passar veloce e raddoppia il vento in una musica di passo doppio di pedale.

Orchestra di moto, tubolari che baciano l’asfalto, raggi che tagliano il vento, borracce ad aspergere d’acqua la fronte e il petto, perlati di sudore e sale, e la nuca battuta dal solleone del caldo che, d’improvviso, anticipa l’estate. Sole e vento, acqua e freddo, foglio di giornale sotto la maglia a difendere il petto in discesa, poco prima aperta per un po’ di refrigerio in salita. Magari, dopo una spinta.

Non faccio lo schizzinoso, sono un gregario, un vivandiere di borracce, e non sono un campione. Ma quanto aiuta un applauso, una mano veloce sul fianco, un: – Dai che ce la fai -, a ricordarmi che sono sempre un atleta del più solitario e faticoso degli sport, che conosce bene la tenacia e la volontà. E non c’è sosta se non sulla vetta. Benedetta, maledetta bicicletta, che mio padre pensò di regalarmi per la comunione, dicendomi chiaro e tondo: “E, ora, pedala!

Il monte Terminio

E non faccio altro, ancora oggi, nel sole e sui monti, nel vento e la pioggia, nel cuore di Malepassi di fatica pianure estenuanti, e discese agli inferi.

Si passa per la Valle del Sabato, che guarda in alto da Atripalda la cornice di schiere di monti che imbrigliano le piogge, in ogni stagione, e col sole, e il caldo intenso, generano il verde d’una terra benedetta per bellezza e ubertosità. Valle circondata da vette, ben conosciute da Giustino Fortunato, che ritornando da Roma per Rionero in Vulture, dopo Monteforte, già sfidava gli amici di Mercogliano a riconoscere le cime dei boschi e a darne il nome.

Avellino è anche vasto, dolce altopiano e non solo Montevergine, il Serinese, il Terminio, o il Laceno… .

E’ terra di frutteti, vigneti, castagni e olivi fin nella pina; terra di nocella avellana, selvaggia e forte conto gelato, piogge e ogni intemperie.

Quest’anno, il Giro passa di nuovo per l’Irpinia. Sarà un percorso di passo, che mette da parte le vette, corsa di transito, da lento rapporto in attesa della bagarre. Si potrà ammirare con attenzione il verde, senza essere chini sul manubrio, goderselo con tanta aria pura, per ricordarlo anche in inverno, quando, fermi, passeranno nel cuore e nella mente tanti luoghi d’amore. Col caldo del camino e l’Irpinia nel cuore.

Gabriele De Masi

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1 COMMENTAIRE

  1. Il Giro in Irpinia, ciclismo e cultura.
    Gabriele con.il pregio di raccontare gli echi lontani che il Giro sempre evoca. L sua poetica odora di sudore e di passione.grazie Gabriele

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