Metodo e merito. La fiducia al governo Renzi

Posto di fronte al rischio di Onan (si veda La terza Repubblica e il terzo polo del 6 febbraio 2014), Matteo Renzi non ha avuto dubbi. Rapido contropiede, e svelto al governo! Non più così giovane da ignorare quanto si perde a procedere con tanta velocità, ha comunque deciso di consumare come un fulmine la sua ascesa al governo. E siamo così passati dal primo governo Letta al primo governo Renzi.

Tuttavia il problema di un siffatto metodo, si sa, è che qualche insoddisfazione la lascia. Abitando a Firenze mi è capitato di dare una sbirciata ai lavori della Leopolda, il luogo dove con Renzi è nata la straordinaria esperienza della rottamazione del gruppo dirigente del Partito democratico. Penso che tutti i presenti condividessero la stessa speranza e cioè che Renzi avrebbe così descritto, un giorno, il suo ingresso a Palazzo Chigi: “La notte precedente, il 1° maggio, era trascorsa in un carosello di festeggiamenti, allegria e attesa, come mai era accaduto in passato. I diciotto anni di governo conservatore erano finalmente terminati, i laburisti – il New Labour – avevano ottenuto una vittoria schiacciante, e una nuova era stava per iniziare”. Naturalmente sarebbe stato necessario sostituire qualche numero, cancellare governo conservatore e scrivere governi della seconda Repubblica, ma come nell’autobiografia di Tony Blair (Un viaggio, 2010, p. 1), i renziani che in questi anni hanno sostenuto Renzi (e alla fine anche il popolo della sinistra con le primarie) speravano di vivere l’esperienza di una lunga notte di passione.

Sia chiaro, però, che solo di un problema di metodo politico si è trattato. Chi ne contesta la legittimità democratica è incompetente o fa banale propaganda. Il primo governo Letta è nato perché il Partito democratico, gruppo di maggioranza relativa, ha indicato il nome di Letta a Napolitano, il quale lo ha nominato. Del tutto legittimo è che sia stato lo stesso Partito democratico a sfiduciare Letta e a nominare Renzi, tra l’altro in considerazione di due importanti novità: la fine delle larghe intese dopo l’abbandono di Berlusconi; l’incoronazione di Renzi con il 68% quale nuovo segretario del partito.

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Semmai occorre considerare un problema di merito, associato al metodo. Tanto per il Partito democratico, quanto per il progetto della Leopolda, è oggi necessario che vi siano elementi di continuità e di discontinuità con il governo precedente: nel caso del Partito democratico, per non rinnegare Letta, un dirigente di punta del partito, e al contempo per dimostrare l’inevitabilità della staffetta; nel secondo caso, per mantenere viva la speranza di una notte di passione. Come dire: necessario era giungere subito al governo, ma siamo ancora ai preliminari della grande speranza di rinnovamento; gli italiani non sono stati traditi, si può ancora rimediare con il matrimonio.

Visto che sulla continuità c’è già la firma di dieci ministri, a diverso titolo coinvolti nel precedente governo, la discontinuità non può che riguardare l’azione di governo. E non di certo sulle riforme istituzionali, considerato che Renzi si era già impegnato a portarle a termine con Letta al governo. Non c’è dubbio che la discontinuità debba riguardare il capitolo delle riforme economiche. Come? Qui si tratta di mettere in atto quella composizione del consenso che distingue da sempre l’approccio e il successo di Renzi, e che ora rende plausibile portare avanti i preliminari (di una speranza di rinnovamento di centrosinistra) nonostante la presenza al governo di esponenti di centrodestra.

Composizione del consenso significa non concertare al ribasso interventi strutturali, togliendo ad ogni iniziativa qualcosa; bensì combinare proposte, fra loro differenti, armonizzandole in progetti di immediata attuazione. Riuscirà questa azione più da Sindaco che da statista politico? C’è da dire che i ministri economici del governo Renzi rispondono all’identikit (tesoro, sviluppo, lavoro, cui aggiungerei scuola), e per citare le parole con cui un senatore ha concluso la difficile discussione sulla fiducia, accordata con imbarazzanti mal di pancia al Senato (il 24 febbraio), prima del rimedio di Renzi alla Camera (il 25 febbraio): buon lavoro!

Emidio Diodato

Professore Associato di Scienze Politiche

Universita per Starnieri di Perugia.

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia

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