L’altra Venezia – Tra la Bella addormentata di Bellocchio e Petri.

Tra la “Bella addormentata” di Marco Bellocchio e il restauro del « Cittadino » di Elio Petri, riscoprendo un cinema d’impegno che, morto il berlusconismo, forse riscopre nuovi orizzonti e tensioni. Strano Settembre, si sente un profumo di primavera e non solo nel cinema. Tutti (o quasi) i film di Venezia come in una diretta.

Bella addormentata di Marco Bellocchio

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Bello ed intenso questo film di Marco Bellocchio presentato, in concorso per l’Italia, alla 69 Mostra del cinema qui a Venezia.
Il tema è noto. Si parla di Eluana Englaro.

La storia è quella legata alla sua morte e alle mille ripercussioni che il suo caso comportò. Bellocchio è bravo perchè non cede alla tentazione di dire la sua, lasciando che siano le immagini a parlare da sole. E quelle che scorrono sullo schermo sono quelle dell’Italia del 2009 ancora governata da Berlusconi, dove schieramenti contapposti ( fatte da credenti e da laici) si accaloravano anche su campi ideologici e confessionali. Non c’era giorno, allora che non vedesse nuove posizioni, che nuovi messaggeri della vita, lanciassero le loro invettive contro chiunque osasse profanare e violentare il sacro valore della vita.

Prevalse la volontà del padre che diede l’ordine di sospendere la sommistrazione dell’ossigeno, mentre in parlamento si stava accendendo un dibattito feroce sul tema dell’accanimento terapeutico. Nel cast c’è un’ottimo Toni Servillo ed una poco convincente isabella Huppert. Il film, come è previsto, rilancerà il tema legato alla vicenda Englaro, perchè una legge che regoli questioni così delicate ancora non è stata fatta. Come si dice « ne vedremo ancora delle belle ».

Il Gemello di Vincenzo Marra

1346067596774.jpg Torna alla Mostra Vincenzo Marra, regista d’impegno sociale. Qui è venuto con « Il Gemello », per farci parlare del carcere e di chi lo abita. Girato tutto all’interno nel penitenziario di Secondigliano, racconta molti momenti delle giornate dei reclusi. Sono detenuti veri quelli che appaiono nelle immagini, (uno dei protagonisti sta ancora scontando la sua pena e spera tanto, un giorno, di poterlo vedere) e la sensazione più condivisa tra i presenti in sala era che nel film, c’è qualcosa di
particolare, oserei dire di speciale. Marra è riuscito ad offrire agli spettatori ciò che è la vita di chi è rinchiuso in un carcere, senza alcun tradimento o manomissione.
Tutto è in presa diretta. Gli squarci di vita dei detenuti sono passati in rassegna attraverso le loro storie, i loro drammi. Si percepisce, finalmente, la loro condizione di reclusi e pare quasi di respirare quel clima di angoscia che prende chi si sente tradito da una sentenza troppo dura, o da una riduzione di pena non accettata. A tanto è arrivata la telecamera di Marra. Se qui alla mostra il dibattito attorno alla vita dei carcerati continuerà ancora per qualche giorno dovremmo ringraziare Marra e il suo « Gemello ».

Linhas de Wellington di Valeria Sarmiento

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E’ difficile oggi impegnarsi in un film storico, senza sapere che genere di fatica sia. Si perchè dell’episodio della guerra incrociata tra francesi e inglesi in territorio portoghese, (siamo ai tempi in cui Napoleone percorreva in lungo e in largo l’Europa) si sa poco e chi lo apprende dal film della Sarmiento rischia di saperne ancora meno. Perchè questo è accaduto?

Film pretestuoso che secondo le intenzioni della regista doveva fare chiarezza. Ciò che si è visto, dalle immagini, è stata una sovrapposizione di fatti, persone, mescolate alla rinfusa, dove non mancava nulla, dalla carozza che trasportava un’intera biblioteca, comprensiva di mobilia, a momenti dove soldati, gente del posto trovavano tempo per fare del teatro, ecc. ecc.

Non so francamente chi si sia appassionato ad un film del genere, ma anche questa è l’offerta cinematografica della Mostra. ( era così anche con la gestione Muller intendiamoci). Ennesima occasione sprecata anche per la cinematografia a cui la regista voleva rivolgersi.

Menatek Ha-Maim (The cutoff Main) di Idan Hubel

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Tempi tristi anche per Idan Hubel che porta qui alla mostra la storia di un idraulico, un po’ speciale, che pur di portare a casa uno stipendio, decide di accettare l’incarico di una ditta a cui arriva l’appalto dell’amministrazione cittadina di staccare l’acqua a tutti coloro che, inadempienti, non pagano le bollette da troppo tempo. Certo che alla cinematografia mancava questo importante film, che colma così un buco: quello del duro lavoro degli idraulici part-time! Vi lascio immaginare la storia, condotta tutta quasi senza dialoghi, tra la vita precarissima di questo idraulico, dove la sua famiglia è una delle tante che, anche da quelle parti, siamo in un non ben localizzato posto dell’Israele, vive la crisi globalizzata.

Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri

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Rivedere « Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto » non può che fare bene e, per chi ama il cinema italiano di quei tempi, un’occasione da non perdere. Si ritrova un po’ di tutto in questo film di Elio Petri. Anzitutto l’atmosfera di quegli anni 70 dove tutta l’Italia era ancora percorsa da idee di un cambiamento possibile, dove la sinistra al potere non era un sogno di mezza estate.

C’erano ancora le potenti organizzazioni sindacali e gli studenti sapevano esprimere ancora le loro idee. Protagonista del film è Gianmaria Volontè nei panni di un funzionario di polizia. Lavora alla « Sezione Omicidi » dove svolge il suo lavoro, col piglio del padre e padrone, dove fustiga i suoi subalterni con ironia tipicamente meridionale (« Panunzio, Panunzio, dove si è imboscato ah? Quando uno lo cerca sempre che si nasconde »).

Per una di quelle idee irrazionali che talvolta passano per la testa di ognuno, al nostro protagonista viene la voglia di trasformarsi da indagatore in indagato. Ammazza l’amante (la splendida Florinda Bolkan di allora nei panni della contessa Terzi), lacia una quantità impressionante di impronte digitali ed altro ancora nel suo alloggio e poi… indaga. O meglio sta a guardare cosa fanno i suoi colleghi visti che nel frattempo è passato ad altro incarico.

Sembra divertirsi a vedere « le minchiate » che fanno i suoi colleghi. Fa di peggio: devia le loro indagini costruendo false piste, inventando falsi testimoni. Ad incastrarlo sarà un ragazzo anarchico che lui aveva fatto arrestare, presente quel giorno sul luogo del delitto.

Sembra quasi una liberazione, ma l’accusa più grave sarà lui a metterla in pratica, scrivendo ai suoi colleghi, precisando che l’assassino è lui. Non sarà creduto, come si sa. Il film è uno dei migliori fatti d Petri, sorretta dalla famosissima colonna sonora di Morricone, allora al meglio della sua ispirazione musicale.

Dalla Mostra del cinema di Venezia – Massimo Rosin

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.